GARANTIRE LA SALUTE GLOBALE SULLE MALATTIE TROPICALI

È l’appello lanciato da AIFA e Istituto superiore di sanità che, in un report dettagliato, spiegano quanto la prevenzione di queste patologie, pericolose anche per l’attività trasfusionale, rappresenti una vera e propria questione umanitaria
Alcune le conosciamo perché diffuse anche in Italia, dal virus dengue alla chikungunya, passando per lebbra e malattia di Chagas. Sono le cosiddette malattie tropicali neglette (NTDs), un gruppo di forme molto diverse tra loro che sono provocate in particolare da parassiti, ma anche da batteri, virus, funghi e avvelenamento da morso di serpente. Tendenzialmente sono legate alla povertà e al disagio sociale e colpiscono popolazioni a basso reddito che vivono in aree rurali lontane dai servizi sanitari. Tuttavia, con sempre maggiore frequenza si diffondono anche in altre aree del pianeta, compreso il nostro Paese.
Stime ufficiali fornite da AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) e Istituto superiore di sanità, dicono che nonostante siano responsabili di centinaia di migliaia di morti e colpiscano 1,6 miliardi di persone nel mondo, ancora oggi non si riesce a fare granché per contrastare queste malattie, soprattutto in quelle aree del mondo più povere dove, proprio a causa dell’assistenza sanitaria inesistenze, trovano terreno fertile di coltura.
Dalla scabbia alla lebbra, dalla leishmaniosi all’echinococcosi causata da patogeni che infettano l’organismo, senza dimenticare le ormai note dengue e chikungunya (con conseguenti ripercussioni anche in ambito trasfusionale), queste infezioni si diffondono sempre più anche a causa dei cambiamenti climatici, del turismo e della globalizzazione, oltre che per la fame, le carenze di medicinali e le condizioni igienico sanitarie precarie.
Delle 21 che compongono il mosaico del gruppo delle NTDs la maggior parte è direttamente trasmessa nel territorio italiano, anche se il numero esatto è difficile da quantificare. Fra queste la dengue, di cui nel 2024 si sono registrati 693 casi di cui 213 autoctoni, una cifra mai raggiunta prima. Sono invece 15 i casi di chikungunya, tutti di importazione, anche se negli anni passati si sono verificati dei focolai autoctoni. Entrambe fanno parte delle arbovirosi, malattie causate da virus trasmessi da vettori artropodi (come zanzare, zecche e flebotomi) che sono già soggette a una sorveglianza specifica nel nostro Paese, ma non sono le uniche tra le malattie neglette. Toccano quota 600 i casi diagnosticati dal 1998 di malattia di Chagas, trasmessa da cimici e potenzialmente letale. Centinaia anche le persone colpite in Italia dalla strongiloidosi, provocata da un verme nematode parassita di piccolissime dimensioni capace però di generare infezioni persistenti e mettere in pericolo la vita di chi ne è colpito. Finora si stima siano almeno 4-5 mila le persone colpite in Italia da queste malattie. Si tratta soprattutto di schistosomiasi, strongiloidosi (elmintiasi trasmessa dal suolo) e malattia di Chagas, ma anche cisticercosi, scabbia, filariosi, leishmaniosi ed echinococcosi cistica. Alcune survey hanno rilevato che nel nostro Paese sono presenti anche tracoma, oncocerchiasi, lebbra e, più recentemente, opistorchiasi (trematodiasi alimentare), chikungunya e dengue. Inoltre, alcune tra queste NTDs sono da considerare storicamente endemiche in Italia a causa della presenza di vettori competenti (ditteri ematofagi, pappataci) per la leishmaniosi e di ospiti mammiferi intermedi e definitivi (ovini e cani da pastore) per l’echinococcosi cistica. In particolare quest’ultima (malattia zoonotica parassitaria) è la NTD di maggiore rilevanza in Italia con un tasso di incidenza media di circa 15 casi su un milione di abitanti.
Nel frattempo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) prosegue sulla strada tracciata dalla road map che definisce un piano strategico completo per garantire che le malattie neglette siano controllate, eliminate o eradicare entro il 2030. Tuttavia, ci sono una serie di fattori che ad oggi ostacolano i programmi globali di eradicazione. Tra questi vanno citati:
- cambiamento del panorama dei finanziamenti
- impegno irregolare da parte dei Paesi
- capacità e competenze in diminuzione
- progressi disomogenei tra Paesi endemici
- difficoltà nella raccolta sistematica di dati
- lacune in termini di conoscenze, farmaci, diagnostica, oltre alle migrazioni e ai conflitti
L’OMS sta affrontando queste sfide attraverso varie iniziative, tra cui:
- stima dei costi degli interventi per raggiungere gli obiettivi del 2030, ai fini della pianificazione e mobilitazione delle risorse;
- espansione degli strumenti digitali per lo sviluppo delle capacità di contrasto;
- rafforzamento del monitoraggio e della valutazione programmatica, nonché dei sistemi di gestione dei dati;
- identificazione delle principali lacune attraverso un piano di ricerca e sviluppo e la promozione di azioni mirate per colmarle;
- analisi dell’impatto dei cambiamenti climatici e il conseguente adattamento degli interventi di controllo delle malattie.