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"DA DONATORE A PAZIENTE, VI SPIEGO PERCHE' SANGUE E PLASMA SONO FONDAMENTALI"

 

Adriano Azzalin è il presidente di Avis Comunale Castel San Giovanni-Sarmato e Pieve Porto Morone. Da due mesi è ricoverato nel reparto di Ematologia dell’ospedale di Piacenza per una forte anemia, ricevendo trasfusioni di globuli rossi e piastrine

 

Era curioso di conoscere da vicino l’organizzazione ospedaliera, per rendersi conto davvero dell’importanza della donazione di sangue e plasma e, soprattutto, di quanto lavoro ci fosse dopo la “semplice” raccolta. Probabilmente, però, per farlo si era immaginato un altro modo, non certo quello di diventare paziente.

È la storia di Adriano Azzalinpresidente di Avis Comunale Castel San Giovanni-Sarmato e Pieve Porto Morone, sede transregionale in provincia di Piacenza al confine tra Emilia Romagna e Lombardia. Donatore fino al 2016 per sopraggiunti limiti di età, ha concluso il suo percorso con 125 donazioni, ma ha continuato a ricoprire la carica attuale. Da circa due mesi, tuttavia, è ricoverato nel reparto di Ematologia dell’ospedale di Piacenza, da cui ci parla: «Tutto è iniziato quando ho iniziato ad accusare una forte stanchezza – racconta – non mi sentivo in forze e quando sono andato a farmi visitare, lo scorso maggio, mi è stata diagnosticata una forma di anemia molto grave: la pancitopenia».

Si tratta di una patologia che porta alla riduzione di tutte le cellule presenti nel sangue (eritrociti, globuli bianchi e piastrine) e che, a quanto comunicato finora dagli specialisti che lo stanno seguendo, sarebbe di origine autoimmunitaria: «Fino ad oggi ho ricevuto più di 35 trasfusioni tra sangue e piastrine – spiega – e posso dire di essere stato rimesso a nuovo. Quando facciamo attività di sensibilizzazione spieghiamo che donare sangue significa donare vita: ecco, posso confermare che è esattamente così. Nonostante mi trovi ancora in ospedale, sto molto meglio, quasi bene: per questo spero di tornare a casa presto».

Nonostante il momento di difficoltà, il pensiero di Azzalin va alle associazioni di donatori, in primis alla sua Avis Comunale: «Sono presidente dal 1991, un impegno che porto avanti con un gruppo di dirigenti storici che, come me, ha ormai raggiunto e superato i 70 anni di età. Insieme abbiamo tenuto duro fino ad ora per evitare di dover chiudere tutto: garantisco che per l’area della Val Tidone sarebbe un piccolo dramma. Nei giorni di degenza in ematologia mi sono fatto un’idea di come sia complesso il lavoro delle strutture preposte a fornire in tempi brevi quest’oro rosso che mi tiene in vita da quasi 50 giorni». E la “filiera”, per chiamarla così, è decisamente lunga.

Dai donatori alle equipe sanitarie, fino ai medici che si recano nei piccoli centri per effettuare le raccolte. Che sia estate o inverno «quel sangue viene portato nei centri di lavorazione, dove ogni sacca viene testata per evitare che contenga virus indesiderati e quindi separata nelle varie componenti. Il sangue viene quindi tipizzato e fornito ai vari reparti che ne fanno richiesta. Il tutto in tempi brevi. Ero uno straccio quando sono arrivato al pronto soccorso – conclude – e dopo due sacche di sangue sono rinato. Vorrei che questa mia esperienza più che positiva servisse a far capire che qualsiasi persona, da un momento all’altro, potrebbe aver bisogno di questo meraviglioso salvavitache non si trova in farmacia, ma nel corpo di ogni essere umano».